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Questa opera di Enrico Altavilla è concessa in licenza sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
Perché il filtro anti-pubblicità di Google non è un filtro anti-pubblicità
Recentemente Google ha annunciato l’introduzione di un nuovo filtro che ha effetto sui risultati delle ricerche. Il filtro abbasserà la posizione di quei siti web che non mostrano in cima alle pagine il contenuto che dà risposta alla query dell’utente ma che costringono quest’ultimo a fare scroll per visualizzare quanto effettivamente di suo interesse.
A causa dei meccanismi tipici della comunicazione online (un mix micidiale di fonti poco chiare e condivisori che vanno sempre di fretta) il messaggio arrivato a diversi SEO è che il nuovo filtro colpisca i siti con troppa pubblicità e banner in cima alle pagine.
Questa è una semplificazione eccessiva della novità introdotta e vorrei spiegarvi perché questa interpretazione rischia di causare qualche danno se diffusa e perché conviene ragionare quache minuto in più sulla natura del nuovo algoritmo.
316 milioni di backlink, 100% white hat
Per il sottoscritto, gli eventi SEO di riferimento in questi e nei prossimi mesi sono il Convegno GT, tenutosi a Riccione sabato 17 e domenica 18 dicembre 2011, e il SEO Rock, che è un “corso” SEO dalla formula innovativa che si terrà a febbraio 2012 e del quale vi parlerò nei prossimi giorni.
Quest’anno il Convegno GT si è rivelata una tappa complessa, perché l’intervento presentato da Cesarino Morellato e dal sottoscritto ha richiesto molta progettazione, tante prove e la produzione di un bel po’ di materiale.
Per coloro che non erano presenti, riassumerò l’intervento dicendo che si è trattato di un confronto/duello tra le pratiche white hat e quelle black hat. Cesarino ed io abbiamo puntato anche sugli aspetti divertiti e divertenti della presentazione e pensiamo di essere riusciti a mantenere viva l’attenzione della platea.
Ne approfitto per mostrarvi il video che ha introdotto l’entrata in scena di Cesarino e mia.
SEO Wars al Convegno GT 2011 from Enrico Altavilla on Vimeo.
Durante l’intervento, nel tentativo di dimostrare che il personaggio recitato dal sottoscritto fosse di natura black hat, è stata mostrata una slide che visualizzava la quantità di backlink verso un mio vecchio sito: 316 milioni e spiccioli.
Il punto interessante della faccenda, che non è stato volutamente evidenziato troppo durante l’intervento per esigenze di copione, è che l’aspetto black di questo risultato era rappresentato da una concentrazione del PageRank sulla home page, attraverso redirezioni viste solo dai client che non presentavano un referer (e quindi anche dagli spider). Ma la quantità di backlink, beh, quella è nata da azioni 100% spontanee e non c’è stato bisogno di cercare link né incentivarne in alcun modo la produzione.
Scrivo questo post perché, sotto sotto, i miei migliori risultati SEO su progetti personali sono sempre stati raggiunti puntando sulla qualità ed utilità di risorse, che hanno poi ottenuto riconoscimenti spontanei: notando l’ilarità della platea di fronte alla gargantuesca mole di quei backlink, era giusto precisare che esistono attività white che non hanno nulla da invidiare a quelle black. Basta trovarle. 😉
La mappa dell’indicizzazione: quanto ne sappiamo?
In attesa di ritrovare un po’ di tempo per completare un articolo sulla web analytics dal quale sono molto ispirato, ho pensato di scrivere un post quick-and-dirty sulla crescente complessità del fenomeno dell’indicizzazione.
Se c’è un obiettivo che i motori di ricerca hanno finora mancato, è proprio quello della semplificazione dei sistemi di indicizzazione messi a disposizione dei gestori dei siti web. Nel corso degli anni, invece di andare incontro ad una progressiva riduzione degli strumenti e dei metodi a supporto di una corretta indicizzazione dei contenuti dei siti, la complessità è aumentata e a volte gli strumenti diversi fanno pure a cazzotti tra loro.
Ho allora voluto creare velocemente una mappa mentale dei principali strumenti legati alla scoperta delle risorse, alla loro archiviazione da parte dei motori e ai fenomeni direttamente connessi, come la canonizzazione.
Continuare a smontare Google: un’altra scoperta SEO
Questo post segue l’esempio di un articolo scritto un po’ di tempo fa assieme ai colleghi di SearchBrain: “Come ti smonto Google: una piccola scoperta SEO“, che vi suggerisco di leggere se non l’avete già fatto.
L’articolo esponeva una piccola ricerca che Giacomo Pelagatti ed io avevamo svolto e che aveva rivelato una caratteristica di Google nell’archiviare i testi dei link testuali.
Smanettando con le ricerche, ho individuato una nuova caratteristica del motore di ricerca e questo post ha l’obiettivo di presentare i risultati e di illustrare il processo logico seguito per arrivarci.
Il sottoscritto non riuscirà a garantire la precisione di esposizione che Giacomo aveva infuso all’articolo sopra citato e farò del mio meglio per esporre i risultati di questa nuova ricerca nella maniera più chiara possibile.
Le 10 cagate SEO di cui non si dovrebbe parlare più
MAI più.
Inizio questo post con una doverosa precisazione: il termine “cagate” viene usato in questo articolo con l’accezione di “cose di poco conto” e non con quella di “cose di nessun conto”.
Via via che il ricambio generazionale SEO avanza, è inevitabile che su forum, blog e social network vengano riproposte domande e questioni di vecchia data.
Da un lato questa riproposizione va un po’ a beneficio delle nuove generazioni (che comunque hanno a disposizione i motori di ricerca ed un intero web sul quale sono state ripubblicato centinaia di volte le stesse risposte), altre volte tali argomenti riemergono anche tra chi fa SEO da anni, dietro la spinta di nuovi dubbi o perplessità.
Dopo tanti anni di osservazione, ritengo che esista una gigantesca convenienza a mettere una pietra sopra certi argomenti, limitarsi a imparare l’ABC su di essi e investire meglio il proprio tempo occupandosi di questioni più concrete e utili.Non è un caso che gli argomenti che elencherò vengano discussi lo stretto indispensabile (pochi minuti durante l’intera carriera?) dai SEO che reputo più esperti e periodicamente dai SEO che non ne sopravvalutano l’importanza.
Vi presento dunque una mia personalissima lista di cagate sulle quali sarebbe intelligente smettere di chiacchierare.
Se in futuro qualcuno inizierà a parlarvi dei seguenti argomenti, rimandatelo al presente post: l’interlocutore troverà la sua risposta definitiva e voi avrete investito nella discussione solo i pochi secondi che merita.