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Questa opera di Enrico Altavilla è concessa in licenza sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
Lifetime value: da organico arrivano i clienti che spendono di più?
Sono stato colpito dai risultati di una ricerca svolta da Custora sul mercato USA.
La ricerca si chiama “E-Commerce Customer Acquisition Snapshot“, la versione che vi presento è valida per il secondo trimestre 2013 e, tra le altre cose, mostra i risultati di un calcolo del CLV (Customer Lifetime Value) per ciascuna tipologia di sorgente di traffico.
Si tratta di una ricerca molto grezza, la cui metodologia non è scevra da pecche che minano un po’ la fondatezza di certe conclusioni ma ve la voglio comunque presentare perché ritengo che, sottolineando le pecche e fornendo interpretazioni alternative dei dati, possa essere considerato un buon argomento di discussione davanti alla macchinetta del caffé.
Campagna contro l’abuso del termine “virale”
Lo leggo molto spesso sui siti dei consulenti markettari e allora ho deciso di imbastire la mia personale campagna contro l’abuso del termine “virale”, cioè quando usato come aggettivo per un prodotto che è ancora in fase di ideazione, progettazione o realizzazione.
Esempio: “Adesso scrivo un articolo virale”, oppure “Il cliente ha commissionato un video virale”.
Reality check: in fase di produzione di qualcosa, l’aggettivo “virale” non può essere attribuito al prodotto che deve ancora nascere, perché la viralità è un fenomeno che si manifesta, solo a volte, quando il prodotto è stato ultimato e presentato al pubblico.
Nessuno direbbe: “Questa mattina devo scrivere un articolo famoso” o “Sto scrivendo il soggetto di un film popolare”, perché gli aggettivi “famoso” e “popolare” non sono una caratteristica intrinseca del prodotto o un attributo col quale il prodotto nasce.Per la stessa ragione, non si può produrre niente di virale. Al massimo si può produrre qualcosa che poi la gente diffonderà viralmente, perché considerato molto interessante.
L’abuso del termine “virale” che osservo in giro, al di là delle considerazioni sulla presunzione di chi vorrebbe far credere di poter produrre qualcosa di intrinsecamente virale, è un uso errato della logica e genera un’aberrazione linguistica.
Il mio consiglio è di togliersi dalla testa l’aggettivo “virale” quando attribuito a qualcosa che deve ancora nascere, tornare a produrre cose interessanti e vivere la viralità come una possibile conseguenza della qualità del proprio lavoro, non come un prodotto da supermercato da includere nella lista della spesa da proporre ad un cliente.
La viralità è un riconoscimento concesso dalla gente, non una caratteristica infusa dal realizzatore.
My two cents.
Google contro Google: l’assurda convinzione che esista un solo Google
Penso di non aver mai scritto un titolo così tanto vittima del keyword stuffing ma visto che si tratta di un risultato non cercato ritengo di poterlo classificare tra le spontanee e fisiologiche conseguenze di una mancanza di ispirazione.
Mi va di scrivere qualche riga a seguito della recente notizia che ha visto Google penalizzare sé stesso dopo aver commissionato a terzi una campagna di marketing che ha prodotto post promozionali (e qualche backlink che passava PageRank) su vari blog, con l’apparente obiettivo di pubblicizzare un video di Google Chrome.
Non tratterò la notizia in sé (potete approfondirla in questo articolo di SearchEngineLand) ma vorrei chiarire un aspetto che ho notato essere poco chiaro a diverse persone che per un motivo o l’altro sono costrette ad avere a che fare con Google: l’assurda convinzione che si tratti di un singolo soggetto o entità.
Premessa ai fanboy e ai “èilsolitomagnamagnari”
Io ho sempre preferito riflettere col cervello invece che con la pancia, penso che il prodotto finale sia più apprezzabile.
L’inevitabile declino di Google+ e cos’è la macromyopia
Siccome nel momento in cui scrivo il tempo è tiranno, non ho ancora avuto modo di scrivere un post col mio parere su Google+, che ha ormai poco più di un mese di vita. Avrei tante cose da dire su questo nuovo approccio sociale di Google e attenderò pazientemente che il tempo a mia disposizione torni cospicuo.
Nel frattempo, però, mi limiterò a condividere qualche informazione sul ciclo fisiologico di visibilità che un grande prodotto come Google Plus solitamente segue. In questo modo sarà possibile fare qualche previsione sull’immediato futuro.
Date innanzitutto un’occhiata al grafico che segue, ridisegnato sulla base di quello che trovate nell’articolo “MacroMyopia and the technology hype cycle” di Don Dodge, che vi suggerisco caldamente di leggere.
Dieci comandamenti su come difendersi dai “SEO”
Il presente articolo è un guest post scritto da Cesarino Morellato (DAO Daddy), che ringrazio molto per il contributo. [NdLow] 🙂
Dieci comandamenti su come difendersi dai “SEO”
Decalogo dedicato a chi in azienda deve fare la scelta del consulente SEO, o della società SEO, ma non conosce assolutamente niente della materia.
Per chi non sa cosa sia SEO, è l’acronimo di Search Engine Optimization e sta a significare quella attività che studia e aiuta la realizzazione di pagine ottimizzate per i motori di ricerca e ne consente una lettura nel migliore dei modi non solo al navigatore ma anche ai software dei motori.
Durante uno dei tanti aperitivi, con amici SEO, mi sono ricordato di aver ricevuto un’esilarante mail che promuoveva un corso “avanzatissimo” di SEO. Questa mail mi ha fatto riflettere per l’ennesima volta sulla difficoltà per un non addetto ai lavori nel distinguere la professionalità dagli imbonitori, non per evitare totalmente le fregature ma almeno per ridurle al minimo.
1 Ricerca per nome e cognome
Se non lo trovate non è un buon segno, potrebbe essere che non abbia un sito proprio, ma almeno su Linkedin, Facebook o Twitter ci deve pur essere.
Come può proporvi una cosa che egli non usa? Potrebbe essere un servizio innovativo, ma se dovete fare da cavia meglio saperlo, no? Inoltre le cavie non pagano, anzi alcune volte vengono pagate. 😉
Nel caso di un team, fatevi dare nomi e cognomi dei componenti. Troppo spesso, si spacciano “team dedicati” per poi scoprire che sono solo 2 o peggio è sempre solo una persona.
2 Referenze
Chiedetegli una referenza, un cliente da contattare, ma non un collega! Spesso il nostro è un settore autoreferenziale ed anche un collega ha difficoltà a capire esattamente le capacità e conoscenze dei colleghi, tranne nel caso in cui abbia lavorato insieme.
Un cliente, invece, sarà in grado di dirvi non solo le capacità tecniche, ma anche serietà, riservatezza e attitudine a risolvere i problemi. Un buon fornitore lo si scopre anche in caso di problemi.
3 Garanzie
La conoscenza di un SEO si basa sulla conoscenza di regole del passato, quindi chi garantisce conoscenza del futuro, in realtà fa un azzardo. Come lo staniamo? Proponete il pagamento “tutto” a risultato raggiunto, se accetta le sue garanzie sono in buona fede, se invece sono parte all’ordine e parte a risultato, potrebbe già celarsi la fregatura. Ho visto in passato, sedicenti consulenti farsi pagare il 30 % all’ordine ed il restante spalmato nel tempo a fronte di risultati. Sembrerebbe perfetto, peccato che se sono in male fede, si prendono il 30% non fanno nulla o molto poco e posso fregarmene del saldo.
4 Offerta prima di aver fatto analisi
Se vi vengono proposte delle soluzioni, prima di aver condotto un’attenta analisi, è evidente che non vi sta proponendo qualcosa utile a voi, ma tenta di vendere un suo prodotto, a prescindere da cosa vi possa servire. E’ come un venditore di aspirapolvere, non si preoccupa di capire le vostre esigenze, cerca solo di vendervi il suo prodotto. Vi serve un trapano? Ma se lui ha l’aspirapolvere, quella tenta di vendere.
5 Servizio chiavi in mano
Diffidate da chi vi vuole vendere un servizio, chiavi in mano, dove voi non dovete fare nulla. Non esistono casi dove l’attività viene data tutta in out sourcing! I contenuti del sito, per esempio, non possono essere scritti da un esterno, tranne nel caso in cui questo esterno non venga formato nel prodotto o nel servizio erogato dal sito. Inoltre l’attività del SEO non può e non deve terminare dopo un lasso di tempo, ma è un’attività che prosegue nel tempo. Ne deriva che se viene usato un servizio esterno, si dovrà pensare ad un rapporto duraturo nel tempo.
6 Servizio a numero di chiavi di ricerca
Un servizio a numero di chiavi di ricerca è da evitare, primo perché se il progetto SEO che intraprendete è agli inizi non sapete né quali né quante sono le chiavi che generano traffico o conversione, in altre parole quelle che vi saranno utili.
Secondo, perché il numero delle chiavi è relativo ai settori, vi sono settori composti da 10 chiavi altri da migliaia e questo a priori non è dato a sapersi.
7 Vuole vendervi il SEO a tutti i costi
Non è detto che il servizio SEO vada bene per tutti i progetti. Se uno vuole vendervi a tutti costi il suo servizio, potrebbe essere che la sua necessità sia di vendere il suo prodotto, non quello che serve a voi. Porre sempre la domanda, in quali casi il SEO non è conveniente? Se non risponde, o risponde in modo evasivo, dubitate!
8 Lingua italiana
Valutate anche il modo di esprimersi, se poi dovrà occuparsi anche dei contenuti del vostro sito, è fondamentale che conosca la lingua italiana. Non sottovalutate il modo di scrivere, se nella documentazione dovete rileggere in continuazione e non capite cosa scrive, pensate che quella è la sua materia e non la sa spiegare: come potrà farlo con il vostro prodotto o servizio che conosce certamente meno?
9 Trucchi e segreti
Non esistono né trucchi e segreti né maghi o guru! Chi millanta di conoscere la formuletta magica, è come un cartomante, gioca sulla suggestione o sulla vostra non conoscenza. Per raggiungere risultati, il lavoro da fare è proporzionato alla competizione del settore.
Anche per i bond argentini o Parmalat si promettevano “miracoli”, ed anche in Internet come nella realtà, le scorciatoie possono essere rischiose.
10 Lista dei motori
In Italia purtroppo, e sottolineo purtroppo, Google la fa da padrone, possiamo aggiungere Bing e Yahoo ma la lista finisce qui. A chi vi vuole vendere servizi comprendenti altri motori oltre ai sopra citati, chiedete sempre di inserirvi nel contratto i posizionamenti in Google. Se poi sarete anche su altri motori, meglio, ma non possono e non devono essere oggetto della garanzia o del contratto.
NB: questo vale per un progetto in lingua italiana in Italia, se il progetto è internazionale, fatevi dare le percentuali di share dei vari motori che vogliono vendervi.
Spero che la lista vi sia di aiuto e vi faccia evitare brutte sorprese.
Cesarino Morellato
DAO Daddy