Post recenti
Commenti recenti
- I Principali Test per un Sito Web in Ottica SEO - Ingegnerealbano.com on Come calcolare la distribuzione del “PageRank” tra le pagine di un sito
- SEO e keywords: esistono strategie e tecniche efficaci? | SERIAL EYE on Benedetta SEO, maledetta SEO
- LowLevel on Continuare a smontare Google: un’altra scoperta SEO
Tutti i post
-
Questa opera di Enrico Altavilla è concessa in licenza sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
Perché si cambia strada e tutti gli sforzi per non apparire un guru
Termino questo 2011 bloggarolo raccontandovi un po’ di più su me stesso e sulle mie scelte, sia passate sia legate ad alcuni obiettivi che mi sto dando con LowLevel.it. Spero che qualcuna delle considerazioni possa essere utile per chi leggerà.
Su LowLevel.it e sui cambi di rotta
LowLevel.it è nato per ragioni strettamente terapeutiche.
Quando ho iniziato a scrivere con costanza sul blog, nel marzo del 2011, avevo chiuso da poco più di un anno una fase della mia vita professionale piuttosto significativa. Un’esperienza di oltre tre anni in agenzia mi aveva permesso di interagire con colleghi e clienti in contesti che non sarebbe stato possibile raggiungere con la stessa facilità se avessi continuato a fare il freelance.
Il ritorno all’attività di freelance è stato poi dettato da una maggiore comprensione di ciò che desideravo da me stesso e sopratutto di ciò che non desideravo, seguendo quella che poi ho chiamato “la cura del rifiuto”, sulla quale forse un giorno scriverò qualche riga.
Quello che forse si può immaginare meno è che la scelta di abbandonare un lavoro da dipendente non è stata il prodotto di considerazioni professionali ma solo una conseguenza di una scelta più ampia e presa a monte sulla qualità della vita e su quei valori, anche lavorativi, che mi sarebbe piaciuto curare e sviluppare nel tempo.
Sommergerci interamente in un lavoro, specie se regolato da ritmi e scadenze di un contratto da dipendente, rischia di farci perdere di vista obiettivi più generali. La nostra attenzione può essere monopolizzata interamente dai meccanismi aziendali, tanto che soffermarsi a pensare a ciò che si sta facendo non è un atto che viene spontaneo fare.
Cominci a credere che il paradigma che osservi sia l’unico possibile o il migliore per raggiungere gli obiettivi. Il che può anche essere, ma solo se riesci a dimostrarlo, non dandolo per scontato.
Io ho avuto la fortuna di riuscire a fermarmi per quei pochi minuti che sono stati sufficienti a chiedermi: sono compatibile con i meccanismi dei quali sono un ingranaggio? Questi meccanismi stanno andando in direzione delle evoluzioni del settore in cui lavoro? E’ possibile ottimizzare questi meccanismi? In che tempi? Attraverso quali processi? Con quante e quali risorse? Con quali effetti collaterali negativi? Che soddisfazione trarrei nel riuscire ad apportare tali migliorie? Sono interessato ad investire il mio tempo in queste attività di ottimizzazione? E sopra ogni cosa: in che modo posso ottenere il massimo beneficio al costo minore per me stesso?
Alla fine ho preso, egoisticamente, la decisione per me più comoda e quella che mi avrebbe permesso di raggiungere i miei obiettivi personali nel più breve tempo possibile, con i costi minori e incrementando considerevolmente la qualità della vita.
Rinunciare ad un lavoro in azienda per intraprendere nuovamente una strada da solista era un po’ come fare un salto nel buio perché, a differenza di quanto si potrebbe credere, io non ho mai avuto una chiara percezione di quanto sia (ri)conosciuto nel settore del search marketing e non avevo idea se la nuova strada sarebbe stata in discesa o in salita. L’aiuto di Piersante Paneghel e degli altri amici/colleghi di SearchBrain ha poi reso questa mia fase di cambiamento quanto di più liscio e piacevole si possa immaginare.
Perché LowLevel.it mi fa bene alla salute
L’apporto benefico delle mie attività da scribacchino su LowLevel.it deriva dal fatto che, dovendomi rimettere in discussione come individuo prima ancora che come professionista, mi sembrava coerente farlo in un contesto di discussione pubblica.
Da un lato, scrivere articoli su temi di search marketing mi dà la possibilità di condividere con altre persone quel poco che so, attività che mi è sempre gradita perché ho un debole per la divulgazione. Dall’altro, l’interazione con altri professionisti che spesso ne sanno molto più di me mi permette di tenere a bada quelle pulsioni egocentriche che sarebbero in grado di farmi perdere obiettività sui temi discussi.
Non che io sia sordo di fronte ai genuini complimenti che ricevo saltuariamente riguardo quanto comunico, solo che discutere nei commenti e sui social gli argomenti trattati sul blog mi aiuta a ricordare di far parte di un ecosistema nel quale di persone in gamba ce ne sono parecchie.
Le opportunità di interazione che nascono scrivendo su un blog permettono di avere misura di sé stessi, quantificare e qualificare la propria cultura in base a quella che si osserva in altre persone, comprendere le proprie lacune e gli ambiti di possibile miglioramento, ragionare su spunti e osservazioni ricevute da altre persone e a volte far pratica di diplomazia e di tecniche di comunicazione.
In tal senso, l’attività sociale svolta su LowLevel.it rappresenta uno degli ingredienti base per la ricetta di “vita sana” che seguo da quando sono freelance.
Nonostante tutte le premesse apparentemente modeste (non lasciatevi ingannare: sono frasi artate per malcelare la positiva considerazione che ho di quanto scrivo) rimane però un dato di fatto incontrovertibile: mettersi a scrivere su un blog equivale inevitabilmente a mettersi in mostra sullo scaffale del supermarket mediatico.
Andare a fare il guru
Sebbene io consideri LowLevel.it una manifestazione personale del sottoscritto, è invitabile che quanto detto rientri poi nell’identikit professionale che le persone si creano di me. Al di là della persona, sullo scaffale c’è un prodotto.
Dove sta il problema? Il problema è che l’esposizione eccessiva in un contesto professionale (su LowLevel.it parlo in buona parte di search marketing) induce le persone ad attribuirmi sia qualità da esperto sia, con mio rammarico, anche una certa aura di “guru“.
Io credo che il fenomeno sociale della creazione di un guru, ovvero quanto avviene a seguito di attribuzioni e riconoscimenti che superano un sano livello di buonsenso, produca solo danni culturali.
Il fenomeno nasce a seguito dell’incessante necessità della gente di individuare punti fermi e certezze alle quali ancorarsi nei momenti di dubbio o perplessità. Nel fare ciò, viene sottratta importanza al contenuto e assegnata importanza al soggetto che lo veicola.
La validità di un’affermazione, dunque, rischia di essere calcolata non più a seguito di una sua analisi ma, quasi prescindendo dai contenuti, principalmente in funzione di chi la pronuncia.
Questo fenomeno ha effetti devastanti.
Il danno più grosso prodotto è rappresentato da un generale disallenamento delle capacità di analisi e di critica. Siccome credo che il search marketing sarà sempre più una disciplina svolta al meglio attraverso pratiche consulenziali, percepisco un rischio per la qualità dei servizi che verranno offerti in futuro ogni qualvolta osservo situazioni in cui non viene allenata la capacità di pensiero autonomo.
Nel settore SEO il fenomeno viene inoltre alimentato dalla generale convinzione che nel SEO tutto sia empirico e che tutte le affermazioni vadano considerate opinioni. Questo è falso. Come in ogni disciplina esistono sia opinioni personali sia verità constatabili.
L’esempio migliore che mi viene in mente è stato quello vissuto durante il SEO Swing, il corso tenuto per YoYo Formazione nel febbraio 2011. Durante una delle giornate, avevo mostrato come un’informazione che girava da un po’ di tempo tra gli addetti ai lavori fosse in realtà non corretta.
Il messaggio passato (e persino veicolato attraverso un tweet, se ricordo bene) era stato “Enrico Altavilla dice che questa cosa non è vera.”, quando in realtà chiunque poteva determinare autonomamente e in quello stesso momento come stavano le cose svolgendo un micro-test; bastavano poche query fatte a Google.
Facciamo un esperimento, prendiamo la frase di cui sopra e sostituiamo “Enrico Altavilla” con “Un pinco pallino”: “Un pinco pallino dice che questa cosa non è vera.”.
Se l’obiettivo didattico è quello di sviluppare nelle persone un approccio sano al search marketing, un approccio che non può rinunciare a pratiche di analisi e valutazione delle informazioni che riceviamo ogni giorno, una frase del tipo “Un pinco pallino dice che questa cosa non è vera.” può forse solleticare quelle corde psicologiche di dubbio e scetticismo che, per l’obiettivo prefissato, sono funzionali allo nascita di una volontà di critica.
Questa è la ragione per la quale storco sempre un po’ il naso di fronte a tutti quei contesti formativi o mediatici in cui l’appeal di un evento è rappresentato in buona parte dai nomi e cognomi ed in misura minore dagli argomenti o attività previste. L’enfasi che sto mettendo nel promuovere il SEO Rock, per esempio, è tutta spostata su quanto l’evento sia innovativo e molto meno su chi saranno i consulenti che ottimizzeranno i siti web in tempo reale.
Uno degli obiettivi che mi sono dato con LowLevel.it consiste nel gestire la mia visibilità senza essere trasformato da altri in un guru di riferimento, non per le criticità che potrebbero nascere per me (ci sono prospect che credono che io abbia superpoteri, il mio primo compito è quello di riportarli con i piedi per terra) quanto perché vorrei contribuire a far comprendere che la qualità di un’informazione non è un parametro calcolabile in base a chi se ne fa veicolo (né a quante persone se ne fanno veicolo).
Insomma: “kill” the media guru.
Conclusione
E’ stato un buon anno, per questo blog. A rileggerci nel 2012, se vi va. 🙂
11 Responses to Perché si cambia strada e tutti gli sforzi per non apparire un guru