Un SEO deve soffrire di curiosità patologica

Una bambina curiosa

Photo by Paulius


Un SEO deve soffrire di curiosità patologica. Deve essere mosso dall’incessante desiderio di scoprire l’assassino, di smontare il giocattolo per capire come funziona, di acquisire quante più informazioni utili possibili, di elaborarle per trarne indizi, evidenze e pistole fumanti. Deve nutrirsi di dati, deve imparare a poter mettere in discussione tutto, porre domande scomode, fare critiche sensate e produttive, deve andare oltre l’acquisizione di informazioni e soffermarsi sul loro significato per scoprirne le cause, intuirne i futuri effetti e stimare le tendenze dei fenomeni osservati. Deve circondarsi di interrogativi, di questioni aperte e di quesiti insoluti, perché l’interesse a rispondere alle domande è poca cosa al confronto della prospettiva di poter estendere le proprie conoscenze. E la curiosità non può essere blanda e cortese, deve manifestarsi in una malattia feroce, un male interiore inciso nel DNA, una incurabile condizione patologica che solo per fortuna è stato possibile trasformare in un talento, grazie ad un mestiere assurdo fatto per folli. Un SEO deve essere un rompicoglioni invadente, perché “ottimizzare” significa semplicemente “migliorare” e se vuoi migliorare qualcosa, da un sito web ad un’azienda, devi necessariamente inquisire tutto, di tutti e costantemente.

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